Cariboni Group, azienda leader nell’eccellenza e nell’innovazione nei principi Light, Design & Technology intervista Matteo Pettinaroli – Needle sul tema di agopuntura urbana e illuminazione.
Needle è un collettivo nato nel Politecnico di Milano e ispirato all’Agopuntura Urbana di Jaime Lerner. In cosa consiste questo approccio progettuale e quali sono i principali vantaggi rispetto a quello della progettazione urbana tradizionale?
L’idea di Needle nasce da un primo studio sulle dinamiche urbane contemporanee: un rinnovato attivismo civico, l’”apertura” da parte delle Amministrazioni pubbliche alla sperimentazione di progettazioni alternative e la grande quantità di spazi senza una funzione, inutilizzati, degradati, presenti nelle città. Questi temi sono stati per noi il punto di partenza per iniziare a lavorare in questo mondo, tanto complesso quanto pieno di opportunità e prospettive. Jaime Lerner, sindaco di Curitiba (Brasile), proponeva già negli anni ‘70 un modello di sviluppo urbano puntuale, rapido, che sapesse far fronte alle “funzioni urbane mancanti” attraverso piccole azioni capaci di innescare poi un meccanismo virtuoso di rivitalizzazione del contesto. Abbiamo ammirato il suo approccio “sperimentale” e stiamo provando a metterlo in pratica nelle sfide che stiamo affrontando, che a nostro parere in questo periodo possono godere anche di una particolare attenzione e una serie di “facilitazioni”. Il nostro focus si concentra quindi sull’attivazione di “processi virtuosi” di rigenerazione urbana: trattandosi spesso di spazio pubblico, abbiamo sviluppato competenze che ci permettono di lavorare direttamente con gli abitanti e le realtà interessate, attivando processi collaborativi e inclusivi che rispondano alle reali necessità di chi vive o vivrà questi spazi. Cerchiamo poi di tradurre in forma quanto individuato attraverso una progettazione “leggera” o “urbanismo tattico”: attraverso una progettazione incrementale fatta di semplici elementi, strutture semi-temporanee e a basso costo cerchiamo di dare una nuova accezione ad uno spazio, scavalcando le lunghe tempistiche previste solitamente per un progetto urbano, offrendo la prima “scintilla” capace di accendere un motore virtuoso.
Può l’illuminazione urbana essere una buona agopuntura e agire positivamente sulla vivibilità di un luogo e sul benessere di chi lo abita?
La luce è considerata come un materiale costruttivo dello spazio e negli interventi di agopuntura urbana il suo utilizzo è particolarmente significativo perché può rientrare tra le azioni “semplici” che possono, partendo da un unico “segno”, far percepire uno spazio in modo differente. Nella riattivazione di uno spazio interagire con la luce permette di instaurare nuove esperienze percettive ed emozionali differenziando, dialogando o facendone riscoprire il contesto. Luci e colori, ad esempio, possono già bastare da soli per dare una nuova visibilità e interesse ad uno spazio anonimo, sia esso uno spazio non vissuto, uno spazio di risulta tra edifici, in disuso o da “reinventare”: attraverso questi elementi e un lavoro parallelo di animazione sociale, si può già parlare di “Agopuntura urbana”. Una buona illuminazione in uno spazio pubblico scandisce il tempo e, insieme ad altri interventi, può favorire attività collettive, relazioni e comportamenti.
Il vostro approccio progettuale si basa sulla progettazione partecipata e prevede il coinvolgimento delle comunità locali. Quanto è importante invece la collaborazione con professionisti di altri settori per la definizione del progetto? Ritenete indispensabile la figura di un lighting designer per la buona riuscita di un intervento di rigenerazione urbana? Quali sono le difficoltà nel coinvolgimento di questa figura?
Considerare gli interventi come processi in divenire invece che statici progetti significa dover tenere conto di molte tematiche fra loro diversificate: tecniche, sociali, economiche, manutentive, legislative, relazionali fra pubblico e privato, programmatiche… etc. Ne consegue che diventa necessario un dialogo fra diverse figure professionali. La luce come accennato prima, ha un ruolo importante negli interventi di rigenerazione urbana e la figura del lighting designer può essere una risorsa preziosa per potersi districare fra le tante proposte a disposizione, per orientare scelte consapevoli e sostenibili, connesse al luogo con interventi illuminotecnici diversificati sia dal punto di vista tecnico che percettivo. In un processo di rigenerazione urbana la difficoltà del coinvolgimento non riguarda la figura del lighting designer in particolare, ma in generale l’individuazione delle varie fasi, il coordinamento e la volontà dei vari attori, ovvero tecnici, cittadini, associazioni, enti pubblici e privati, di voler collaborare e perseguire obiettivi comuni. Non è facile, ma ci sono già tanti esempi positivi in questa direzione. Sono convinto sia la strada giusta da perseguire con volontà e decisione.
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